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ACCETTAZIONE TACITA DI EREDITÀ
In base all’art. 480 del codice civile, per accettare l’eredità gli aventi diritto hanno un termine di dieci anni dalla morte del de cuius, decorso il quale il relativo diritto si prescrive.
Vediamo quali sono le modalità di accettazione dell’eredità, senza soffermarci tuttavia sull’accettazione con beneficio d’inventario, di cui abbiamo trattato specificamente in altri articoli.
L’accettazione viene definita “espressa” se fatta con atto pubblico o scrittura privata autenticandola da un notaio, con annotazione nel registro delle successioni ed (in presenza di beni immobili) anche nei pubblici registri immobiliari.
Comportano l'accettazione “tacita” dell’eredità tutti gli atti dispositivi del patrimonio del defunto, attraverso i quali l’erede dimostra la volontà di accettare tacitamente tramite un'imposta pagata direttamente al notaio che provvederà a versare per conto dell'ereditario presso l'agenzia dell'entrate.
Atti conservativi
A differenza degli atti dispositivi, gli atti “conservativi” del patrimonio, cioè quelli finalizzati ad evitare il depauperamento e la distrazione del patrimonio, quindi a mantenerlo invariato ma anche ad incrementarlo, non comportano automaticamente accettazione dell’eredità; essi, infatti, sono espressione di un potere gestorio del chiamato (non ancora erede) all’eredità, nel periodo in cui questa risulta “giacente”, cioè non ancora accettata da alcuno degli eredi.
Tra questi atti possono farsi rientrare, ad esempio, il mantenimento dei contratti di locazione dei beni ereditari e la riscossione dei relativi canoni, la manutenzione ordinaria dei beni stessi ed in generale tutte le attività necessarie ad amministrare il patrimonio ereditario.
Un’ipotesi di accettazione tacita è quella consistente nell'effettuazione della voltura catastale degli immobili ereditati, al fine di intestarli al soggetto, o ai soggetti, cui sono pervenuti i beni.
Di tale fattispecie si è occupata la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11478/2021, nella quale è stato affermato che “l'accettazione tacita dell'eredità può essere desunta dal comportamento complessivo del chiamato che ponga in essere non solo atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, inidonea di per sè a comprovare un'accettazione tacita dell'eredità, ma anche atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale”.
La voltura catastale, infatti, non è un mero atto fiscale ma è rilevante anche per l'accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare, in quanto solo chi intende accettare l’eredità si assume l’onere di effettuare la voltura catastale ed il passaggio della proprietà dal de cuius a sé stesso.
Tale principio, precisa la Suprema Corte, si coordina con un altro, già espresso in giurisprudenza, secondo cui l’accettazione tacita dell’eredità può desumersi soltanto dal comportamento del successibile, non di altri, compresi eventuali altri chiamati all’eredità, salvo espressa delega da parte del primo.
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